La partita contro l’Empoli è stata la degna conclusione di un 2018 più che positivo per l’Inter. Dopo la qualificazione in Champions League raggiunta al fotofinish nella stagione 17/18, questa prima parte di campionato ha mostrato dei netti miglioramenti nella squadra di Luciano Spalletti, intervallati a momenti di pericoloso oblio che possiamo considerare inevitabili (e necessari) quando si è all’inizio di un ciclo.
Sotto la guida di Spalletti, l’Inter ha mostrato un climax ascendente che non ha ancora raggiunto il suo apice. Nell’anno e mezzo a Milano, il tecnico di Certaldo ha modellato le sue convinzioni attorno a una rosa prima carente di talento e a cui ora manca compiere quel passo decisivo a livello mentale per confermarsi a livello di Napoli e, in un futuro non molto remoto, la Juventus.
Il gioco ha mostrato evidenti migliorie, sia in fase di costruzione dal basso sia nel coinvolgere il più possibile tutti e dieci i calciatori di movimento. Sotto questo punto di vista, è stato Mauro Icardi ad alzare notevolmente il rendimento: se ci eravamo abituati a un giocatore istintivo, capace di essere letale negli ultimi 20 metri, proprio quando l’Inter ha avuto diverse difficoltà nel mese di dicembre il Capitano si è dimostrato un leader, aiutando la squadra a uscire dalle secche offensive. Collaborazione e gol pesanti, il marchio di fabbrica del nuovo Maurito.
Inoltre, l’Inter si è dimostrata una delle migliori difese del campionato, proseguendo nella tradizione inaugurata l’anno scorso. L’upgrade da Miranda a de Vrij è stato evidente in fase di possesso palla, e anche in fase di non possesso l’olandese guida la difesa ed è il regista occulto della squadra. I due centrali si stanno amalgamando alla perfezione e non sono mai andati in difficoltà: anche nelle partite più complicate, hanno retto l’urto e concesso all’Inter di giocarsela fino alla fine. Nelle poche occasioni in cui si sono abbassate le prestazioni di uno di questi due singoli (contro l’Atalanta o contro il Sassuolo, a inizio stagione) il castello è crollato e l’Inter ha avuto problemi insormontabili. Contro l’Empoli hanno giocato la classica partita di sostanza, impostando e sopperendo all’assenza di Brozovic prendendo molte responsabilitìà. Il fatto di avere due esterni come Politano e Keita, in grado di tagliare verso il centro del campo con più proficuità rispetto a Perisic e Candreva, ha snellito il loro lavoro e l’ha reso meno imprevedibile, perché le ricezioni non avvengono più solamente spalle alla porta, ma anche in corsa alle spalle dei difensori. E questa sarà una chiave su cui dovranno lavorare per provare a impensierire le grandi squadre in Europa League.
Il primo tempo contro l’Empoli non ha dato grandi spunti per il proseguo della stagione, anche perché c’erano alcuni giocatori che sono in evidente calo di forma. Matias Vecino, dopo una prima parte di stagione molto buona, ha mostrato il solito problema a rientrare dagli infortuni e ha giocato una partita impalpabile, se non dannosa. L’ingresso di Nainggolan e Lautaro Martinez hanno delineato una nuova filosofia, su cui secondo noi Spalletti lavorerà incessantemente per far sì che si possa concretizzare. Sarebbe un segnale importante, forse decisivo, poter implementare un sistema di gioco che permette di avere a disposizione Nainggolan, Icardi, Lautaro e due esterni a scelta fra Politano, Keita o Perisic (e Karamoh, un domani).
Il peso specifico di quella che è diventata una mossa simbolo di questo periodo storico di Spalletti, ovvero l’ingresso progressivo di tutto il potenziale offensivo dell’Inter, ha cambiato le carte in tavola e scombussolato l’equilibrio dell’Empoli.
Che non sia questa, la chiave di volta? Il campo è coperto in tutta la sua larghezza e assistiamo a una serie di situazioni di 1vs1 che sono potenzialmente letali, se ben sfruttate.
Il problema principale dell’Inter di Spalletti arriva a ridosso degli ultimi quindici, venti metri di campo. Quando c’è da effettuare l’ultimo passaggio, la giocata del campione. Manca ancora ualcosina, un po’ di convinzione e di rodaggio. Disporre di questi giocatori e metterli nelle condizioni di rendere tutti assieme potrebbe essere sia sostenibile per la squadra, sia la svolta forse dell’intera carriera di Spalletti che ha un’occasione troppo ghiotta per non dedicarci anima e corpo. Essere l’allenatore che dopo quasi dieci anni, riporta all’Inter un trofeo. La corsa è ancora aperta su due fronti. Vedremo cosa ci riserverà il 2019.