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Le tante vite di Alexis Sanchez

Nel primo appuntamento con Tempi Supplementari, la newsletter gratuita de L’Orologio (iscrivetevi qui se volete leggere in anteprima questi contenuti) abbiamo voluto parlare della nuova evoluzione di Alexis Sanchez e precisamente Marco Lo Prato si è voluto soffermare sull’importanza della nuova versione del cileno per l’Inter di Antonio Conte.
Parlare di Inter in questi giorni non è facile, perché sono entrati in gioco fattori che purtroppo con il calcio centrano ben poco. Ma questo periodo in cui non potremo goderci l’Inter di Antonio Conte, tuttavia, può essere utile per riflettere sul cammino che ha portato la squadra fino a qui, in vista della volata finale che aspetta gli intrepidi a partire da aprile.
Questa è stata, e continuerà a essere, un’annata strana, particolare, le cui sorti sono in bilico fin dal primo giorno.
Non c’è niente di scontato, quest’anno. Ed è bene ripeterselo come un mantra. No, l’Inter non ha già vinto lo Scudetto. No, non era scontato che l’Inter fosse prima in classifica a marzo. No, Conte non ha la rosa più lunga e forte della Serie A. Al momento, la sa far rendere al meglio – dopo che per un periodo ha fatto fatica a mettere i tasselli al proprio posto.
Ne abbiamo parlato spesso, nelle puntate de L’Orologio: dopo un inizio burrascoso, Conte è stato il più bravo tra i tecnici della Serie A a capire come adattarsi a queste situazioni imprevedibili, alla girandola emotiva che il CoVid-19 ha portato nel mondo del calcio – e non solo, purtroppo per noi.
Soprattutto, ha capito che per arrivare fino in fondo a questa maratona doveva sfruttare tutta la rosa a disposizione, andando a rivitalizzare anche quei giocatori che sembravano essersi smarriti. Se su Christian Eriksen si potrebbe scrivere un libro, un altro miracolo silenzioso e intermittente è stato quello che Antonio Conte ha effettuato riportando Alexis Sanchez di nuovo al suo livello. Un giocatore, l’attaccante cileno, che ha vissuto molte vite: da Niño Maravilla a spalla di Messi, da totalizzatore all’Arsenal a mera comparsa in quel di Manchester. Poi la rinascita milanese.
Non è stato lineare, il percorso di Sanchez: arrivato con una grossa incognita fisica, l’Inter fino al post lockdown praticamente non lo vede; prima del contrasto con Cuadrado (in nazionale, ovviamente) che l’ha messo ai box per 84 giorni, i tifosi dell’Inter hanno potuto vedere Sanchez all’opera due volte, fondamentalmente. Tutte e due nell’arco di tre giorni, un fuoco veloce ma intenso: nelle gare contro Sampdoria e Barcellona, Sanchez insieme a Lautaro mettono a ferro e fuoco le difese avversarie, facendo toccare al gioco di Conte una delle vette più alte degli ultimi due anni. Movimenti combinati, cambi di direzione, dribbling: la LaSa (o SaLa, de gustibus…) è scoppiata in faccia a tutti, facendo pensare che una vita senza Lukaku fosse possibile. Poi è successo quel che è successo e la nostra lancetta del tempo corre veloce al post lockdown, quando l’Inter torna in campo per una disperata rincorsa alla Juventus – che infatti non si concretizzerà mai.
In questo periodo si gettano di fatto le basi per l’Inter del futuro: viene annunciato Hakimi e il Niño si guadagna la riconquista in squadra grazie a un ruolino encomiabile di due gol e sei assist. In pratica, quando gioca manda un compagno in porta (o segna) ogni 56 minuti. Poi inizia l’Europa League e Sanchez continua a essere un fattore dalla panchina, finché non si fa male prima della semifinale contro lo Shakthar Donetsk e si ripiomba nel dubbio: quanto può reggere Sanchez? In ogni caso più di Sensi, direbbe qualcuno. E chi siamo noi per smentirvi?
Questa veloce cronistoria ci porta a oggi, marzo 2021. Dopo un anno e mezzo Maravilloso, con la parte di stagione più importante che sta per cominciare, è giusto tracciare un bilancio parziale dell’esperienza di Sanchez all’Inter. Perché se l’Inter si trova lassù, al momento è anche grazie all’apporto del suo 7.
Come dicevamo, Sanchez ha vissuto tante vite. Forse la parte più difficile è arrivata adesso: quando un giocatore si rende conto che la sua carriera sta vivendo le ultime pagine? Per un calciatore che fa dell’esplosività e del dinamismo la sua arma migliore è ancora più difficile. Sanchez ci ha messo un po’ a definire il suo ruolo nell’ecosistema Inter. Dall’alternarsi con la LuLa al modo di giocare, è stato interessante vedere l’ultima evoluzione di uno dei giocatori più eclettici (vogliamo parlar di quando gioca con la maglia nei pantaloni? Vintaaaaaaage) degli ultimi anni.
Se mi chiedessero con cosa identifico questo anno e mezzo di Sanchez all’Inter probabilmente (giusto per rompere il cazzo) sceglierei uno dei pochi momenti extra campo – e no, non stiamo per fare il rewatch della querelle Inter-Cile.
La sconfitta con la Sampdoria è stata parecchio dolorosa e frustrante. Perdere contro una squadra che ha Candreva e Keita (subendo gol da Candreva e Keita, fra l’altro) nella melma di Marassi non è un’esperienza edificante, soprattutto il giorno prima di tornare a lavorare. L’Inter aveva tutto per vincere in scioltezza la partita poi Sanchez sbaglia un rigore orribile. Gioca anche un buon primo tempo, ma viene sostituito perché Conte vuole mettere Eriksen, sai mai che imbrocchi un calcio piazza (pazienti ancora un po’ mister, sta per succedere pure quello). La partita finisce, nessuno azzecca niente e all’Inter rimangono solo le pive nel sacco.
Ogni volta che l’Inter perde io soffro tipo che Fever Pitch penso sia un estratto della mia vita. Di solito ci metto almeno 4-5 ore per metabolizzare. Poi il giorno dopo la partita apro i social e, per continuare il mio percorso di espiazione morale, leggo un po’ le cose pubblicate in quel lasso di tempo. Il giorno dopo la suddetta disfatta metto in pratica il mio solito pentimento e trovo questo post di Sanchez che parla di tutti gli errori che ha fatto da calciatore e del fatto che è proprio da questi sbagli che ha imparato e ha vinto tutto. Questo mi ha fatto capire diverse cose: la prima è che abbiamo visto tutti The Last Dance, la seconda è che è proprio giocatori come Sanchez che voglio nella mia squadra.
Gente che se sbaglia sta male, tanto che deve fare un post il giorno dopo perché questa rabbia e frustrazione deve sfogarla. Oppure ci sta male e deve scomparire per giorni dalla faccia della terra, come Lukaku dopo la finale di Europa League. Per carità, sempre meglio evitare le catastrofi, ma è bello – nelle giornate no – potersi ancora riconoscere nei comportamenti di chi veste quella maglia che per noi ha così tanti significati. Che ammette gli errori, dice “ho sbagliato” e torna a macinare in campo. Tant’è vero che l’ultimo mese e mezzo di Sanchez è stato forse il migliore da quando è all’Inter.
Non so come andrà a finire la stagione, né tantomeno ho la più pallida Idea dell’influenza che Sanchez potrà avere sul campionato e sulla corsa a questo benedetto Scudetto che l’ultima volta che l’abbiamo vinto… No, non dico dov’ero che altrimenti Scudieri non finisce mai più di prenderli per il culo. Però ecco, tutto questo per dire che non so nulla di quel che succederà nei prossimi due mesi. So però che se l’Inter è arrivata qui è anche perché un giocatore come Sanchez si è amalgamato nel gruppo, ha trovato il suo posto e ha permesso ad altri giocatori di crescere. L’influenza che ha su alcuni ragazzi è palese. Un giocatore mondiale che entra al 70’, gioca per la squadra, rincorre l’avversario e fa quel che deve, sempre con un sorriso per il giocatore cui deve subentrare.
Passategli la palla e vediamo quel che succede.

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