Alziamo le mani. Non avremmo mai pensato di commentare una gara con l’Atalanta vinta quasi in scioltezza né tantomeno – su larga scala – di commentare una stagione conclusa a 1 solo punto dalla prima in classifica (per qualsiasi ulteriore considerazione ci sarà la puntata di recapito del campionato). Eppure siamo qui a fare entrambe le cose. Andiamo con ordine e analizziamo le fasi salienti della gara contro la squadra di Gasperini, il miglior attacco della Serie A e vittoriosa nelle ultime 7 gare interne, spesso con risultati simil tennistici.
LA MOSSA – L’Inter è tornata al 352 di inizio stagione con Brozovic coperto da Gagliardini e Barella che hanno giocato sulla stessa linea. Conte ha cercato scientemente la superiorità numerica contro il supposto 3421 dell’Atalanta in cui però Pasalic è rimasto spesso e volentieri sulla linea di Freuler e de Roon più che alzarsi sulla medesima di Gomez. L’altra mossa di Conte è quella di avere in campo D’Ambrosio sull’out di destra contro Robin Gosens e pronto al raddoppio su Gomez o Pasalic, sulla base di chi si trovava a gravitare nella sua zona di campo. Se si nota infatti la posizione media di D’Ambrosio nell’arco dei 77 minuti disputati al Gewiss Stadium è insolitamente bassa per un esterno del 352 contiano, quasi da quarto effettivo di destra, e questo per avere un pronto raddoppio sulla trequarti difensiva e non concedere troppo spazio a Gosens in fase di ripartenza. A conti fatti quello visto per larghi tratti e in media nell’Inter è stato un 433 con Young a giocare quasi in linea con Lukaku e Lautaro.
TORO SCATENATO – Un clinic. L’eclissi di LuLa anche a questo giro è rimandata e poco importa se nessuno dei due ha segnato nel match che conclude la Serie A: la difesa del pallone del belga, le giocate a far salire la squadra del Toro trainandosi dietro i difensori atalantini sono musica per le orecchie di Conte e un film dolcissimo da guardare per gli occhi dei tifosi nerazzurri in vista del mini-torneo che sancirà la vincitrice dell’Europa League. Quando il pallone passa dai piedi di uno dei due attaccanti principi dell’Inter nella gara contro la squadra di Gasperini la manovra ha sempre un anelito di pericolosità che mette tutti sul chi va là. Dà sempre la sensazione di poter nascere qualcosa di pericoloso e questo vale ben più dei gol per un allenatore che fa della coralità del suo gioco il suo credo principale. E quale miglior esempio del gol del 2-0 di Young? Lukaku si fa trovare sulla verticale di Handanovic all’altezza del cerchio di centrocampo per giocare con Brozovic che in meno di due tocchi serve Lautaro sulla metà campo con il tempo per girarsi e servire Gagliardini sul terzo tocco, fronte alla porta e con un 3 vs. 3 già delineato dato che in 4 dell’Atalanta sono stati tagliati fuori dal servizio del Toro. Il terzo è Young che come successo a Biraghi in occasione dell’assist di Genova sfrutta la corsa di Gagliardini ad abbassare de Roon per accentrarsi: il contro-movimento di Lautaro verso il centro dell’area poi trae in inganno Toloi che a quel punto è nella terra di nessuno con Castagne definitivamente saltato dal movimento verso il centro di Young. Il gol è di pregevole fattura poi, ma i sei uomini che toccano il pallone coprendo 80 metri di campo senza alcuno scatto in solitaria sono il manifesto calcistico di Conte. E guai a parlare di contropiede, perché l’Atalanta era addirittura in pressione altissima per quanto fosse ben schierata sull’uscita palla nerazzurra.
THANK GOD(IN) IT’S OVER – Ci perdonerete il bieco gioco di parole anglofono, ma non possiamo concludere la stagione italica senza citare e dare il giusto merito a uno dei giocatori più bistrattati di questa rosa. Diego Godin da centrale di destra contro l’Atalanta, come anche da centrale di sinistra nelle uscite precedenti, è stato semplicemente impeccabile in entrambe le fasi. Duelli aerei vinti per la maggior parte contro Duvan Zapata, uno che ha fatto rimbalzare Koulibaly qualche settimana fa, quarto per palloni toccati in una rosa che ha vantato il 46,5% di possesso palla conclusivo, due sortite offensive di cui una potenzialmente molto pericolosa nel secondo tempo e 9 duelli palla a terra vinti sui 12 totali, il migliore e per ratio e per dato assoluto di tutto l’intero match. E qui dovrebbero piovere scuse a raffica. Non temiamo di essere sbugiardati in nessun modo, perché Godin è stato spesso crocifisso ingiustamente per delle prestazioni non ritenute all’altezza – non si sa bene perché – sulla base di una bieca convinzione che la difesa a 3 lo impoverisse qualitativamente. La realtà è che con la giusta condizione e il giusto minutaggio la sua classe è venuta fuori alla grandissima tanto da essere alla terza gara da titolare nelle ultime 4, con 4 presenze consecutive di cui una da subentrante contro il Napoli. Spiace, ma nemmeno così tanto, per chi ne decantava il crinale discendente solo all’inizio del 2020, come si trattasse di una replica del Vidic mazzarriano. Con lui titolare in Serie A l’Inter ha perso due gare, contro Juventus e Lazio sulle 18 complessive: la media punti dell’Inter con l’uruguaiano titolare è di 2 punti a partita; nelle gare post quarantena in cui è stato titolare l’Inter ha subito solamente 4 gol. Eppure. Forse non ha tutti i torti Antonio Conte quando parla di accanimento verso la sua squadra…